Reputazione e Comunicazione di Crisi: Quello che Ogni Impresa Deve Sapere
- Dario Nava

- 4 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min
C’è un valore invisibile che pesa, spesso in modo decisivo, sul destino di un’azienda: la reputazione.
In un mondo iperconnesso, dove ogni gesto può diventare virale e ogni errore può trasformarsi in un boomerang, la gestione della reputazione non è più una voce di contorno: è strategia pura.
Ne ho parlato in profondità nell’ultimo episodio del mio podcast “Comunicare con i Video” insieme a Luca Poma, professore universitario, esperto di comunicazione di crisi e reputation management. Un episodio che consiglio di ascoltare a chiunque lavori in azienda, gestisca un brand, o voglia costruire una presenza forte nel mondo digitale.
Con questo articolo voglio raccontarvi i punti chiave della nostra conversazione.
La reputazione vale il 50% del tuo brand
Sì, proprio così.
Oltre metà del valore percepito di un’azienda è reputazionale. Non è solo una questione di numeri o bilanci, ma di fiducia. E la fiducia oggi si costruisce (e si può perdere) con una velocità disarmante.
Luca Poma ce lo ha ricordato: "La reputazione si costruisce negli anni, ma può crollare in un’ora." Pensate ai casi Chiara Ferragni, Amabile, al disastro del Ponte Morandi. In tutti questi esempi, oltre ai fatti in sé, è la gestione della comunicazione a fare la differenza tra una crisi arginabile e un danno permanente.
Comunicazione di crisi: questione di cultura, non solo di emergenza
Una delle cose che mi ha colpito è come la comunicazione di crisi non si improvvisa.
Non è un piano da tirar fuori solo quando succede il “patatrac”, ma una vera e propria cultura aziendale da costruire in anticipo.
Poma parla spesso di “Company Checkup”: un’analisi preventiva per capire quanto è robusto il tuo brand rispetto a una crisi.
Hai un piano pronto?
Sai chi deve parlare?
Conosci i canali da usare?
E soprattutto: sei coerente tra quello che dici e quello che fai?
Perché la vera crisi inizia quando viene a galla l’incoerenza.
E questo oggi, nell’epoca dei social, non puoi più permettertelo.
Crisi = acceleratore di verità
C'è un concetto importantissimo: la crisi è un acceleratore di verità.
Non crea problemi, li rivela.
Un brand che ha basi solide, relazioni autentiche e una comunicazione trasparente può uscire persino rafforzato da un momento difficile.
Ma chi costruisce un castello di carta, prima o poi si ritrova sotto le macerie.
E attenzione: oggi le persone si aspettano autenticità, non perfezione.
Comunicare bene durante una crisi non significa “insabbiare” o “ripulire” l’immagine, ma essere presenti, umani e credibili.
A volte, anche vulnerabili.
Come prepararsi (sul serio)
Cosa dovrebbe fare oggi un’azienda per non farsi cogliere impreparata?
Ecco alcuni spunti chiave che abbiamo discusso:
Formare un team di crisi con ruoli chiari e competenze specifiche
Allenare la comunicazione interna: se il tuo team non è allineato, la crisi inizia da dentro
Creare scenari ipotetici: cosa succederebbe se…? E se domani uscisse un articolo negativo? E se un cliente si lamentasse pubblicamente?
Avere una voce chiara e coerente: ogni brand deve sapere cosa dire, come dirlo, e soprattutto cosa NON dire
Curare la comunicazione digitale ogni giorno, non solo in emergenza
La reputazione è come un muscolo: va allenata
Il punto è proprio questo: non puoi costruire reputazione nel panico.
La reputazione è una forma di capitale aziendale che cresce nel tempo, fatta di coerenza, ascolto e valore.
La vera comunicazione, anche quella fatta di video, deve essere al servizio di questa coerenza.
In fondo, il mio lavoro di videomarketer è proprio questo: aiutare aziende e professionisti a raccontarsi meglio, con strumenti efficaci, ma anche con una strategia solida alle spalle. Perché oggi il pubblico non cerca solo contenuti: cerca verità.
Ora forse è il momento migliore per fermarsi e chiedersi: che reputazione ho costruito finora?
E soprattutto: sto comunicando in modo coerente con i miei valori?
Se la risposta è “non lo so”, allora questo è il momento giusto per iniziare a lavorarci.
Perché la reputazione non è ciò che dici.
È ciò che gli altri dicono quando tu non ci sei.






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