I 6 errori più comuni nel branding che possono sabotare la tua comunicazione (e come evitarli)
- Dario Nava
- 1 giorno fa
- Tempo di lettura: 3 min
Quando si parla di branding, si pensa spesso a loghi, colori, font e poco altro. Ma il branding è molto di più: è identità, è percezione, è cultura aziendale. Ed è anche uno degli strumenti più potenti che abbiamo per comunicare con coerenza e posizionarci nel mercato.
In questo articolo, ispirato dall'episodio del mio podcast Comunicare con i video, voglio parlare e analizzare insieme a voi i 6 errori più comuni utilizzando anche l'esperienza di Marco Padula esperto in branding. E
Pensare di non fare branding
Questo è l’errore più ingenuo e più diffuso: credere che, se non si comunica, non si stia facendo branding. In realtà, il branding esiste a prescindere: “Non comunicare è comunicare”. Ogni scelta – anche il silenzio – genera un percepito. La domanda allora non è se fare branding, ma come farlo in modo intenzionale, coerente e strategico.
Non monitorare la propria presenza e coerenza
Troppo spesso le aziende dichiarano dei valori (famiglia, qualità, sostenibilità, ecc.)… che poi non si ritrovano in nessun touchpoint reale. Il sito comunica una cosa, i social un’altra, lo stand in fiera un’altra ancora. Marco lo dice chiaramente: il percepito deve coincidere il più possibile con il dichiarato. Altrimenti il pubblico si disorienta, perde fiducia e smette di seguirti.
Inseguire le mode (green, inclusività, ecc.) senza coerenza
Altro errore pericoloso è adattarsi ai trend del momento senza un allineamento autentico ai propri valori. Il rischio è cadere nel cosiddetto greenwashing, nel brand activism di facciata, o in un posizionamento forzato che il pubblico percepisce come falso. Il brand non deve accontentare tutti. Deve rappresentare con chiarezza un’identità specifica, anche a costo di non piacere a tutti.
Rovinare il lavoro di branding con modifiche improvvisate
Questo è un errore tecnico ma molto frequente. Investi tempo e budget in un percorso di branding professionale, magari affidandoti a un’agenzia o a un esperto… e poi modifichi tutto “a sentimento”, perché hai visto un logo che ti piace su Pinterest, o perché vuoi usare il filtro figo su Instagram. L’effetto? Discontinuità, confusione e perdita di autorevolezza.
Il brand deve essere una bussola, non un disegno da colorare.
Partire con un approccio “timido”
Le aziende che “vanno coi piedi di piombo” per paura di sbagliare… finiscono col non partire mai davvero. E come dice Marco: meglio fare il massimo con poco, che sprecare tanto per paura di rischiare. Anche con budget limitati si può fare un ottimo lavoro di branding – basta avere le idee chiare, la giusta guida e la volontà di essere coerenti.
Innamorarsi dell’estetica (e non della strategia)
Ultimo errore, il più insidioso: lasciarsi guidare dal gusto personale. Un logo bello non è un logo efficace. Un sito figo non è un sito che converte. Il branding non è un esercizio artistico, è uno strumento di business. Se serve un logo “brutto” per distinguersi nel mercato, allora ben venga. Il valore sta nei risultati, non nei like.
Fare branding non significa solo scegliere un colore o un font, ma significa scegliere come vuoi essere percepito. Significa costruire ogni giorno, in ogni contenuto, in ogni interazione, una relazione coerente con chi ti segue.
Ricorda: il brand è la somma delle emozioni che lasci. Ed è proprio questo che rende il branding uno degli asset più potenti della tua comunicazione.
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